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USA: the Couchsurfing effect

Aggiornamento: 16 set 2020

Non sei sola quando viaggi da sola.

Quando sei sola, i tuoi compagni di viaggio sono infiniti.

Sono le cassiere dei grocery store che ti chiedono da dove viene il tuo accento e cosa ci fai lì mentre paghi il crunchy peanut butter e le patatine all'aceto.

Sono i ragazzi alla fermata del bus che con le loro grosse valigie rattoppate ti danno consigli sull'itinerario da seguire.

Sono gli occasionali vicini di posto sul treno, al bancone di un bar, sulla panchina di un parco pubblico.


A North Palm Beach, un piccolo suburb residenziale sulla US1, abitato principalmente da benestanti anziani in pensione, giocatori di golf, veterani e qualche famiglia con bambini piccoli, dopo pochi giorni iniziai a sentirmi sola.

Capivo che a parte le brevi chiacchiere con gli amichevolissimi commessi, camerieri, cassieri che incontravo nelle mie giornate, era molto difficile trovare qualcuno della mia età con cui parlare.

La famiglia C, tra l'altro, era molto protettiva e dalle vedute un pò ristrette: non capivano perchè andassi così tanto a zonzo con la mia bicicletta, cosa ci trovassi in quelle grandi spiagge deserte, in quei parchi protetti un pò selvaggi, si raccomandavano che non mi spingessi mai fino a West Palm o a Miami, grandi centri urbani dove avrei potuto incontrare dei malintenzionati. Un fumatore, un motociclista, semplicemente un individuo di sesso maschile, rappresentava un pericolo e dovevo starne lontana.

Ognuna di quelle poche persone che avrei quindi potuto incontrare nella zona o attraverso le loro conoscenze, vicini, figli di amici o parenti o colleghi, aveva un "problema" e non era sicuro per me frequentarla.


Non avevo intenzione di farmi limitare a tal punto nella mia esperienza da loro, amavo il mio tempo da sola ma avevo bisogno di confrontarmi, di parlare del mio viaggio in programma, di conoscere altri americani e sentire le loro storie. Quindi, presa coscienza del fatto che la mia famiglia non mi avrebbe in nessun modo agevolata nè nell'esplorare la zona nè nell'organizzare il mio viaggio, decisi di fare da me.


Avevo sentito parlare di un sito chiamato couchsurfing.com.

In effetti mi ci ero già registrata in vista del mio viaggio in solitaria.

Si trattava di una piattaforma che raccoglieva viaggiatori da tutto il mondo, e che attraverso essa potevano incontrarsi, ospitare e farsi ospitare a loro volta (letteralmente, fare surf sul divano), traendo così beneficio non solo dal fatto di avere una sistemazione gratis, ma anche e soprattutto dal passare del tempo con qualcuno del posto, con i suoi consigli e il suo supporto.


Non mi serviva un couch, mi serviva il supporto.


Potevo vedere quali utenti attivi mi stavano intorno, e iniziai a contattare le tre ragazze che avevano il profilo che mi sembrava a me più affine.

Fu un successo con tutte e tre: mi incontrai con la prima per un pranzo a base di quesadillas e un giro turistico per West Palm Beach, e finii per passare un weekend a casa sua per festeggiare il mio primo vero pazzo Halloween americano.

Con la seconda andai a visitare le tartarughe e i manati al Loggerhead Marine Center, passai alcune serate con lei e i suoi amici in barca nei canali di Palm Beach e partecipai a uno snorkeling tour a Peanut Island.

La terza mi venne a prendere a casa la sera del suo compleanno per farmi partecipare alla sua festa al Tapas & Tintos, un locale spagnolo a South Beach, e mi ospitò a casa dei suoi a dormire offrendomi la mattina dopo un fantastico brunch venezuelano e condividendo con me poi tante giornate, tante serate, tante chiacchiere, e un'amicizia che dura tutt'oggi.


Capite di cosa parlo? Perfette sconosciute fino a un secondo prima che grazie a un breve contatto online si incontrano e senza imbarazzi, senza filtri, senza doppi fini, senza interessi condividono un pezzetto di vita.

Ero affascinata dalla magia di questi incontri, persone che non avevano bisogno di me ma per la curiosità di incontrarmi e la generosità di aiutarmi rubavano del tempo alla loro vita e ai loro impegni, per donarlo a me.

Mi resi conto che non ero sola.


Iniziai a fidarmi di couchsurfing.com e cominciai a utilizzarlo sempre più spesso, soprattutto per chiedere consigli sul viaggio che stavo organizzando.


Progettavo di lasciare la Florida verso la fine di dicembre acquistando un Discovery Pass di 60 giorni della Greyhound, la compagnia di bus di bandiera americana, con il quale avrei potuto viaggiare illimitatamente attraverso tutti gli Stati Uniti, come avevano fatto ai loro tempi i miei genitori, e come loro migliaia di altri backpackers squattrinati.

Ero una ragazza sola, con un enorme backpack e un sacco a pelo comprati su Craigslist che contenevano tutto ciò che mi sarebbe potuto servire attraverso i diversi climi degli immensi Stati Uniti, e un budget che non arrivava a 30$ al giorno, che mi sarebbe dovuto bastare per spostamenti, cibo e alloggi.

Non ero spaventata, ma fiera ed eccitata della mia big adventure che era ormai diventata tema di entusiastiche discussioni su couchsurfing.com


E proprio lí avvenne un’altra magia.

Amanda era una ragazza di Tampa. Odiava la frivolezza della Florida e aveva deciso di scapparne. Aveva venduto ogni suo bene, compresa la casa in cui viveva, aveva comprato un vecchio camper del 1988 che era personalmente andata a ritirare a Seattle, attraversando in diagonale tutta l’America e che aveva riportato a casa per attrezzarlo e prepararlo per diventare a tutti gli effetti la sua casa, con la quale avrebbe vagabondato per il paese fino a che avesse trovato un luogo in cui fermarsi.

Sarebbe partita il 10 gennaio.

Si sarebbe diretta verso ovest.

Aveva un letto libero, e mi propose di andare con lei.


Certe magie possono accadere solo se nelle magie in quel momento ci credi.

Ero nel pieno della mia positività e voglia di muovermi e forse non mi resi conto di quanto fosse assurdo e strano che mi capitasse un’occasione del genere.

C’è chi la chiamerebbe una botta di culo.

Io comprai un biglietto del treno, e il sabato seguente raggiunsi Amanda a Tampa, passai una notte nella sua casa ormai semivuota, conobbi lei e il suo cane Jack, un mezzo pitbull trovatello che era amichevole solo con le donne, e mangiando takeout cinese rimanemmo sveglie fino a notte fonda davanti alla mappa degli Stati Uniti cerchiando tutti i posti in cui ci volevamo fermare: praticamente avevamo organizzato il viaggio.

Era tutto vero. Ci demmo appuntamento per l’8 gennaio, l’avrei raggiunta nuovamente a Tampa per aiutarla a caricare il camper e a chiudere casa, e insieme a Ray, un altro compagno di viaggio che aveva conosciuto attraverso couchsurfing, saremmo partite per questa grande avventura.


Lasciai la casa della famiglia C appena dopo Natale, con uno zaino che arrivava ben oltre la mia testa, le mie Superga sempre meno bianche ai piedi, il cuore che mi esplodeva nel petto in un turbine di emozione, aspettativa, terrore.


Le due settimane che mi separavano dalla partenza per Tampa le passai così: dormii due notti nel mio sacco a pelo sul pavimento del soggiorno dell’appartamento a South Beach di un ragazzo terribilmente simile a Will Smith che si faceva chiamare Peace, insieme ad altri 5 couchsurfers sparsi per le due stanze a disposizione.

Con una di loro, la studentessa cinese di Yale Yan, mi recai a Key West e passai 3 notti sul divano letto di Mike, che stava nello stesso tempo ospitando un altro ragazzo cinese, uno chimico che lavorava all’acceleratore di particelle di Berkeley e che finì poi per ospitarmi due mesi dopo nella sua casa a San Francisco, e tre ragazzi Cechi con i quali visitai le Everglades tornando a Miami, dove tornai a dormire da Peace e strinsi amicizia con Shaun, un australiano-malesiano che incontrai poi di nuovo a New Orleans.


Come dicevo, non è tanto questione di dormire gratis.

Certo, quello è spesso stato un plus mica male.

Ma la questione, la magia, è trovarsi a festeggiare capodanno con un gruppo di persone che viene da tutti i continenti, è dividere un piatto di tacos con un nuovo amico che rivedrai dopo 60 giorni, a 4000 chilometri di distanza.

E poi è richiudere lo zaino, prendere un bus Greyhound dalla sinistra e buia stazione di Miami, arrivare a Tampa da Amanda, incontrare per la prima volta il canadese Ray e insieme salutare la Florida e le due pazze settimane appena passate, per partire verso l’inaspettato.


_____________________________________


Nota: come fidarsi, soprattutto essendo una donna, di fare couchsurfing a casa di sconosciuti? Me lo chiedevo anch’io.

Tenete presente che il sito funziona con la logica dell’allora inesistente Airbnb: ogni volta che un host ospita qualcuno, riceve una recensione pubblica e non cancellabile che apparirà sul suo profilo, alla quale può a sua volta rispondere con una recensione che resterà sul profilo dell’ospite.

Selezionavo solo profili con tante recensioni, e tutte positive.

Ho incontrato davvero tante persone in quei sei mesi, erano tutti cuori buoni: ognuna di loro ha contribuito a rendere il mio viaggio speciale e a farmi sentire parte di qualcosa di grande, immenso.

A chi ha un’età diversa, qualche soldo in più nel portafoglio e un pò meno spirito di adattamento (come me oggi), consiglio di usare Airbnb: avrete una stanza, e non solo un divano, ma potrete comunque stabilire un contatto, una connessione, preziosi per la vostra avventura.


A chi se la sente, invece, buttatevi.

Couchsurfing will change your life 🧡



Miami Beach - start of my solo trip

South Beach

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Couchsurfers wandering around Key West

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